Un giorno di agosto del 2019 vidi Mirø per la prima volta. Esile, camminava verso di me tra i sassi, e con le braccia aperte cercava di mantenersi in equilibrio; accanto, una pianta faceva il suo stesso gesto.
Ci conoscevamo già, non da molto, ma quasi da subito l’intesa e l’urgenza ci hanno fatto confrontare sulle percezioni di noi. “Io è sul torace che sento forte la mia parte maschile”, mi spiega. Si appoggia la mano lì e mi dice che il suo corpo è cambiato circa 4 anni prima, quando ha iniziato a darsi ascolto e ha raggiunto l’agognata androginia. Prima non si sentiva bella come tutti le dicevano. Il viso tondo del benessere, il seno prosperoso e rassicurante, la chioma da leonessa e poi la gonna a fiori e il sorriso di circostanza. “Tutte cose posticce” dice.
Quel giorno d’agosto mi resi conto di averlo visto. Le sue parole raccontavano una forma che non aveva un nome ma esisteva già e si era sentita libera di rivelarsi. Sapeva che da fuori era impercettibile. “Cosa posso fare, cosa è nelle mie possibilità con il corpo che ho?” Scalpitava.
Poi il lockdown ci chiude. Lo spazio liminoide diventa la casa. Il tempo rallenta e Mirø sperimenta l’uso del maschile, il suono del nuovo nome e il suo corpo, che cambia ancora. “E’ come se fossero tanti piccoli accorgimenti per trovare la mia forma di essere umano”. Intanto mi esonera dall’uso del maschile e del nuovo nome. Per protezione, per darmi più tempo, mi dice.
In questo spazio cartaceo alcuni passi di Mirø, persona trans non binaria, che tentava l’evasione da ogni categoria sociale e da me, che assistevo impietrita a questo svelamento. La tela abbraccia una copertina morbida. Molte immagini scorrono scavallando i confini, altre sono da scoprire da una trasparenza apparentemente inaccessibile e da sbirciare. Le frasi, tentativi di ricostruire una comunicazione su una riflessione postuma e ancora in corso.
Chi per primo ti ha chiamato Mirø è stato realizzato da settembre 2019 a maggio 2020.
La gestazione del tema profondo del confine inizia per me nel 2012 dopo l’incontro con un trans-femminismo ancora agli albori, che innesca la riflessione sulla mia identità di genere. L’indagine prosegue attraversando comunità queer, liminali, di frontiera. Migliaia di scatti, fino all’incontro con Mirø.
La mia ricerca è tuttora in corso. Mirø è ancora in cammino.